venerdì 17 settembre 2010

Settembre.


Dopo le vacanze estive, il gran caldo, i grandi esodi e i grandi rientri ecco che riprendono le consuete attività - quelle che un pò ci eravamo lasciati dietro, gli impegni che si erano diradati o erano stati sospesi, insomma la vita normale. Anche se qualcuno può concedersi una pausa settembrina, un viaggio o simili, rimane il fatto che l'estate è finita o sta finendo, il ritmo delle cose è differente, entriamo in una diversa stagione. Personalmente trovo interessante e sorprendente notare come muti la nostra sensibilità, il modo stesso di percepire la vita, nel corso del ciclo annuale. Non è un fatto teorico o superficiale, di poco conto, no! Si tratta di qualcosa di molto concreto: in primavera "sentiamo" in un certo modo, in estate, e poi in autunno e in inverno le cose cambiano ancora, come se conducessimo vite completamente differenti, come se facessimo un percorso che ci conduce attraverso diversi paesaggi. Stando molto attenti, possiamo accorgerci che non solo esistono differenze di percezione in dipendenza delle quattro stagioni, ma esistono anche le sfumature intermedie, le piccole differenze di gradazione, per le quali - ad esempio - settembre è diverso da ottobre, e quest'ultimo da novembre. Probabilmente gli inventori dei calendari, cioè della suddivisione dell'anno solare in grandi e piccole classificazioni temporali, erano nel giusto e non hanno seguito una logica arbitraria, un semplice codice culturale astratto, bensì hanno codificato qualcosa che realmente risulta al punto di vista e alla sensibilità umana. Queste considerazioni mi fanno anche pensare che l'astrologia, la scienza e la medicina antiche fossero - oltre che intimamente connesse fra di loro - collegate con acute osservazioni sulla natura dell'ambiente e dell'uomo. Primitive forme di "cronopsicologia" e di "cronobiologia"? Direi proprio di sì, anche se ho il dubbio che, in questo caso, "primitivo" non significhi affatto "inevoluto", "infantile" o simili, anzi... Potrebbe invece indicare, a dispetto del riduttivismo tipico della nostra attuale scienza, una sensibile e ponderata forma di conoscenza e di ricerca, capace di condensare nelle sue osservazioni filosofia e percezione, mistero e quotidianità, straordinarietà e consuetudine, soggetto e oggetto, osservatore e cosa osservata, universale e particolare.