venerdì 7 aprile 2006

Famiglia politica.


Perfino per ciò che riguarda la politica, il voto e la scelta elettorale, la componente irrazionale riveste una enorme importanza: la preferenza per l'uno o l'altro schieramento, l'uno o l'altro leader, viene sostenuta – oltre che da quelle ovvie che tutti conosciamo - anche da motivazioni che sono ben poco consapevoli. La nostra società attuale fonda sulle vestigia della cultura patriarcale – vetusta e fatiscente ma non ancora soppiantata da una nuova modalità, e i leader politici incarnano o cercano di incarnare immagini paterne che, per ciò stesso, avrebbero l'autorità necessaria a guidare il paese nelle sue scelte. In particolare, in questo momento storico, il nostro Presidente del Consiglio raffigura con precisione l'immagine di un certo tipo di figura genitoriale: paternalisticamente benevola, autoritaria, accentratrice, autoreferente, insofferente alle critiche sempre e comunque percepite come malevole sul piano personale. Del resto, più in generale, la figura del padre come archetipo, come fondamento di una certa visione del mondo, da tempo viene messa in discussione non tanto e non solo consapevolmente, ma proprio perché sta gradualmente perdendo potere sulle coscienze. Potremmo forse far risalire l’inizio di questo crollo graduale della mentalità patriarcale alla Rivoluzione Francese quale evento-emblema di una nuova situazione spirituale, della ricerca di una nuova via in cui l’autorità non derivi da regole esterne imposte da un capo carismatico, ma sorga dall’intimo di ogni individuo; dove non esista più una mono-cultura e una visione mono-direzionata del mondo, e l’unità sorga piuttosto dalla pluralità e dal rispetto delle differenze – considerate non un inconveniente ma una insostituibile ricchezza. Naturalmente, ammesso che la Rivoluzione Francese davvero abbia costituito lo spartiacque che contrassegnò l’inizio di questa evoluzione, bisogna dire che il nuovo orientamento non ebbe un vero successo il quel momento storico e ancora oggi è soltanto agli albori, ai primi vagiti. Per tornare alla famiglia politica, se l’attuale Presidente del Consiglio ben rappresenta il padre, non sembri così strano rintracciare anche negli altri protagonisti delle figure edipiche: per esempio – mi si perdoni il ricorso a certe elaborazioni forse un po’ datate (vedi Freud, Frazer, Bachofen e via dicendo) – nel capo dell’opposizione si intravvede la figura dello zio materno, spesso antropologicamente importante quanto o più del padre, tanto da essere in certe società tribali il suo sostituto diretto. In questa chiave, lo zio materno è una figura maschile che, però, rappresenta la madre e la cultura matriarcale: perciò è l’antagonista diretto del padre come esponente del patriarcato. Si tratterebbe, dunque, di due culture a confronto, e l’oggetto del contendere è se debba predominare l’una o l’altra visione del mondo. Sicuramente, come già detto, la visione patriarcale è oggi molto limitata e prossima all’esaurimento. Come sempre nella dinamica degli opposti, l’altro estremo polare tende a compensare o a contrastare una visione eccessivamente unilaterale: per questo l’opposizione punta sull’Unione (concetto materno, femminile) per equilibrare la differenziazione esasperata dell'accentramento paterno e paternalisitico. Anche altri elementi della campagna elettorale potrebbero farsi risalire a questa contrapposizione archetipica: per esempio il fatto che il Premier giudichi il leader dell'opposizione una figura di facciata (dietro, infatti, ci sono le forze del matriarcato). Il rilievo dato dall'opposizione alle cosiddette quote rosa e la speranza nel voto delle donne. L'attenzione (caratteristica materna) ai problemi quotidiani, economici, presenti, delle persone, dove la cultura patriarcale concepisce il benessere più come appartenenza alla 'famiglia' patrilineare (la "Patria") e proiezione verso un'immagine futura (discendenza, acquisizioni) positiva ed esaltante. Anche sul supposto 'comunismo' dell'opposizione si proiettano concetti simbolicamente relativi alla Grande Madre: la rivoluzione proveniente dal 'basso' (suolo, terra, donna), il colore rosso che è quello 'inferiore' nello spettro, quello maggiormente 'terrestre', l'uguaglianza 'comunista' e 'proletaria' come un attentato diretto alla scala gerarchica autoritaria dei padri, eccetera, eccetera. E' evidente, insomma, che con queste elezioni si gioca un equilibrio importante, archetipico, profondo, per il nostro paese - che forse corrisponde anche ad una situazione più generale, mondiale, nella quale la civiltà dell'uomo sta cercando di trasformarsi, di fronteggiare problemi e urgenze sempre più pressanti. E' altrettanto evidente che abbiamo il disperato bisogno di una soluzione e di una integrazione delle dicotomie esasperate, come di una trascendenza evolutiva verso nuove risposte.