giovedì 21 dicembre 2006

Buone feste solstiziali!


Auguri a tutti per le festività che andiamo a celebrare. Il solstizio d'inverno, come già ho ricordato in altri miei post, è un momento importante nella Tradizione, al di là delle singole confessioni religiose. Gli antichi romani festeggiavano in questo periodo il Sol Invictus e, in un certo senso, nel cambiamento astronomico che avviene fra sole e terra durante il solstizio invernale, sta proprio il nucleo principale, il senso delle feste che ancora oggi osserviamo, quelle del Natale e del Capodanno. Mi riferisco, naturalmente, al passaggio fra la "metà oscura" e quella "luminosa" dell'anno. In sintesi, collegandoci idealmente con quanto avviene nel macrocosmo, possiamo affermare che anche nel microcosmo-uomo, cioè in noi stessi, c'è la possibilità effettiva di una rinascita. Al senso profondo di questo rinnovamento, al suo significato simbolico, ci si connette profondamente in questo momento dell'anno e, celebrandolo, sentendolo veramente in sé, percependone il senso riposto, è possibile che il rito esteriore travalichi il suo aspetto formale e risuoni nel cuore trasmutandolo: il rito può divenire "magia", darci effettivamente quella forza rivoluzionaria di cui periodicamente abbiamo bisogno per lasciarci alle alle spalle il passato, i condizionamenti, il "vecchio", il limite. Poiché credo che non riaprirò questo mio Blog prima del nuovo anno e certamente dopo le feste, intanto auguro un sostanziale rinnovamento interiore ed esteriore a tutti coloro che... lo desiderano!

mercoledì 13 dicembre 2006

Euthanatos.


Senza entrare nello specifico della polemica di questi giorni sulla "buona morte", vorrei fare qualche riflessione o, piuttosto, pormi degli interrogativi - soprattutto in relazione al cosiddetto "accanimento terapeutico" - perché di risposte assolute credo che nessuno ne abbia. Vorrei innnanzitutto chiedere perché è considerata una questione di fede il voler mantenere vivi ad ogni costo coloro che provano atroci incurabili sofferenze, anche a dispetto della loro volontà? Di solito la faccenda è posta in questo modo: la vita è un dono di Dio, quindi fede significa continuare a vivere e a sostenere la vita ad ogni costo. Domanda: non è anche la morte un dono di Dio? Dopotutto il binomio vita-morte è costantemente alla base della nostra esperienza, dell'ambiente e della struttura dell'universo per come li conosciamo. Anzi, potremmo quasi formulare l'equazione: Esistenza = vita-morte, questi ultimi essendo i due termini di un binomio inseparabile, di una complementarità in forza della quale le cose sono come sono. Immaginate se non morisse mai nessuno? Quanto meno avremmo dei problemi di sovrappopolazione! Poi non ci sarebbe nessuna forma di cambiamento, perché la morte è anche questo: trasformazione. Tutti con le stesse opinioni, le stesse culture, gli stessi poteri... per sempre! E gli animali? Quelli, invece, potrebbero morire, oppure i dinosauri e i mammut dovrebbero stare fianco a fianco con i nostri animali domestici? E le piante, i sistemi solari, gli universi? Tutto eterno e immutabile? Francamente ho l'impressione che la morte abbia un senso, che possa essere anch'essa un dono, una benedizione, qualcosa di armonico per l'esistenza del tutto. Altra domanda: se la fede spinge a credere che la vita debba essere conservata anche nei momenti peggiori, a dispetto di qualsiasi malattia, non potrebbe essere fede anche il non aggrapparsi tenacemente al corpo, abbarbicarsi ai beni, al proprio nome e alla propria forma attuali, resistendo ad oltranza per conservarli, per non abbandonarsi alla compassionevole morte (magari quella che sopraggiungerebbe con naturalezza se non vi fosse un accanimento terapeutico)? Domando ancora: ammettendo, come tutti ammettiamo, che uccidere sia qualcosa di sbagliato, cioè una forma di violenza, perché riguardo agli animali non abbiamo nessun problema morale a sopprimerli in caso di necessità, anche gli animali che amiamo molto? Anzi, ci sembra un atto misericordioso? Per gli uomini - razza superiore, eletta da Dio - ci sono un sacco di remore morali, perché con la nostra tecnologia oggi possiamo prolungare la vita dei malati terminali, e la loro sofferenza, per un tempo lungo, più o meno indefinito. E se Dio ci ponesse, per così dire, questo problema per farci andare un pò più a fondo nella nostra percezione della vita e della morte - che accetta l'una come bene e rifiuta l'altra come male? Ultima domanda: se è giusto che la Chiesa Cattolica esprima le sue opinioni su questi temi, non dovrebbero essere tali opinioni vincolanti soltanto per i fedeli della relativa religione, e non necessariamente per gli altri? Oggi l'urgenza è scoprire quali possano essere i valori condivisi da una società e da una cultura sempre più composite e pluriorientate, non più obbedienti ad una sola ottica: questa pluralità, infatti, non esclude di per sé l'esistenza di valori, bensì richiede un ampliamento e un approfondimento tali da rappresentare qualcosa di valido e onnicomprensivo. Certo, difficile. Ma non impossibile, soprattutto perché attualmente c'è l'urgenza di questo tipo di crescita.