mercoledì 13 dicembre 2006

Euthanatos.


Senza entrare nello specifico della polemica di questi giorni sulla "buona morte", vorrei fare qualche riflessione o, piuttosto, pormi degli interrogativi - soprattutto in relazione al cosiddetto "accanimento terapeutico" - perché di risposte assolute credo che nessuno ne abbia. Vorrei innnanzitutto chiedere perché è considerata una questione di fede il voler mantenere vivi ad ogni costo coloro che provano atroci incurabili sofferenze, anche a dispetto della loro volontà? Di solito la faccenda è posta in questo modo: la vita è un dono di Dio, quindi fede significa continuare a vivere e a sostenere la vita ad ogni costo. Domanda: non è anche la morte un dono di Dio? Dopotutto il binomio vita-morte è costantemente alla base della nostra esperienza, dell'ambiente e della struttura dell'universo per come li conosciamo. Anzi, potremmo quasi formulare l'equazione: Esistenza = vita-morte, questi ultimi essendo i due termini di un binomio inseparabile, di una complementarità in forza della quale le cose sono come sono. Immaginate se non morisse mai nessuno? Quanto meno avremmo dei problemi di sovrappopolazione! Poi non ci sarebbe nessuna forma di cambiamento, perché la morte è anche questo: trasformazione. Tutti con le stesse opinioni, le stesse culture, gli stessi poteri... per sempre! E gli animali? Quelli, invece, potrebbero morire, oppure i dinosauri e i mammut dovrebbero stare fianco a fianco con i nostri animali domestici? E le piante, i sistemi solari, gli universi? Tutto eterno e immutabile? Francamente ho l'impressione che la morte abbia un senso, che possa essere anch'essa un dono, una benedizione, qualcosa di armonico per l'esistenza del tutto. Altra domanda: se la fede spinge a credere che la vita debba essere conservata anche nei momenti peggiori, a dispetto di qualsiasi malattia, non potrebbe essere fede anche il non aggrapparsi tenacemente al corpo, abbarbicarsi ai beni, al proprio nome e alla propria forma attuali, resistendo ad oltranza per conservarli, per non abbandonarsi alla compassionevole morte (magari quella che sopraggiungerebbe con naturalezza se non vi fosse un accanimento terapeutico)? Domando ancora: ammettendo, come tutti ammettiamo, che uccidere sia qualcosa di sbagliato, cioè una forma di violenza, perché riguardo agli animali non abbiamo nessun problema morale a sopprimerli in caso di necessità, anche gli animali che amiamo molto? Anzi, ci sembra un atto misericordioso? Per gli uomini - razza superiore, eletta da Dio - ci sono un sacco di remore morali, perché con la nostra tecnologia oggi possiamo prolungare la vita dei malati terminali, e la loro sofferenza, per un tempo lungo, più o meno indefinito. E se Dio ci ponesse, per così dire, questo problema per farci andare un pò più a fondo nella nostra percezione della vita e della morte - che accetta l'una come bene e rifiuta l'altra come male? Ultima domanda: se è giusto che la Chiesa Cattolica esprima le sue opinioni su questi temi, non dovrebbero essere tali opinioni vincolanti soltanto per i fedeli della relativa religione, e non necessariamente per gli altri? Oggi l'urgenza è scoprire quali possano essere i valori condivisi da una società e da una cultura sempre più composite e pluriorientate, non più obbedienti ad una sola ottica: questa pluralità, infatti, non esclude di per sé l'esistenza di valori, bensì richiede un ampliamento e un approfondimento tali da rappresentare qualcosa di valido e onnicomprensivo. Certo, difficile. Ma non impossibile, soprattutto perché attualmente c'è l'urgenza di questo tipo di crescita.

5 commenti:

  1. Complimenti bellissimo post...... ti leggerò ancora e volentieri Besos A&D
    postato da agro e dolce il 13/12/2006 11:08

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  2. Grazie, sei la benvenuta. Anch'io darò un'occhiata al tuo blog. Forse uno degli scopi di questi blog è proprio questo: costruire una rete invisibile, un gruppo virtuale di persone che si scambiano pensieri, intuizioni...
    postato da Maurizio il 13/12/2006 15:46

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  3. Caro Maurizio, come non essere di nuovo in accordo con le tue acute puntuali osservazioni? Anche io sto seguendo con interesse (anche grazie all'ascolto quotidiano dei vari notiziari di Radio Radicale - che a Roma trasmette sugli 88.6 megaherts di modulazione di frequenza - FM) le vicende attuali di Piergiorgio Welby e credo anche che domani sabato notte andrò alla veglia organizzata in piazza del campidoglio, sempre a Roma, in onore del suo sforzo e della sua sofferenza indicibile. Anche io sono fra coloro che riconoscono una individuale responsabilità per le decisioni individuali che riguardino le singole esistenze individuali. In questo caso specifico nel caso di morte dolce o di non accanimento terapeutico. Lo sai cosa penso? Che il tanto parlare di oggi da parte cattolica (Papa Ratzinger ed i suoi fedeli imbrattacarte) altro non sia che una ulteriore spia (ce ne era veramente bisogno?) della sempre maggiore materialità in cui versa la "credenza" cattolica ufficiale. Materialità manifestata quando si nota il moltiplicarsi degli spot pro versamento del 2 per mille, quando si nota la sempre maggiore presenza nei Media italiani (Rai e TV private) dei colletti cattolici e della porpora cardinalizia e della papalina bianca. Sempre di più mi rendo conto che la rinascita spirituale dell'italiano medio avverrà (e sta anche già avvenendo) fuori dalle chiese ufficiali. Checchè ne dicano e ne interpretino i fenomeni i soliti chierici di palazzo. Mamma chiesa è divenuta Nonna... ed ancora non se ne rende conto. Ciao. Don Marco
    postato da Marco il 16/12/2006 01:21

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  4. Carissimo Marco, ogni confessione religiosa ha i suoi limiti, come in genere le opinioni dell'uomo - che sono sempre in evoluzione: cambia la coscienza, la consapevolezza, cambiano le opinioni e naturalmente anche le fedi. Questo non significa che le religioni non abbiano senso: anzi, sono molto importanti nel momento in cui sono "sentite", in cui rispondono alle domande e alla sensibilità delle persone. Oggi, secondo me, il Vaticano assiste all'emergere di tante problematiche irrisolte e di tante nuove esigenze: eutanasia, confronto con l'islam, preti che chiedono di sposarsi, eccetera. In un certo senso bisogna capire la sua difficoltà estrema di conciliare i principi fondamentali tradizionali con il cosiddetto "relativismo" dei nostri tempi. Per qualcuno il relativismo può significare maggiore libertà, per qualcun altro perdita di valori. In qualche modo hanno ragione tutt'e due: non sono argomenti da poco, e bisogna riflettere, mettendo in gioco sè stessi e la propria coscienza...
    postato da Maurizio il 19/12/2006 09:36

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  5. Caro Maurizio, mettere in gioco sè stessi, esattamente. Peccato però che qualcuno (vedi le note istituzioni religiose, più o meno in difficoltà non tanto a causa della evoluzione delle cose quanto piuttosto dalla loro fossile rigidità) non se lo sognano neanche di mettersi in gioco. Hic manebimus optime... diceva il condottiero Camillo nel 390 avanti Cristo ai senatori, rifiutandosi di abbandonare Roma al saccheggio degli invasori galli. E così altrettanto sembrano dire e fare coloro i quali si spacciano per depositari della verità di fede assoluta. Mala tempora currunt, caro Maurizio! Don Marco
    postato da Marco il 20/12/2006 15

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