martedì 24 giugno 2008

I due natali


Il simbolismo dei due solstizi con le rispettive nascite di Gesù Cristo e di Giovanni Battista è veramente qualcosa di intrigante e meraviglioso, non tanto per ciò il cristianesimo insegna e tramanda, quanto per i significati, i rituali e i miti antichi che il cristianesimo ha cercato di assimilare e forse anche di occultare per mezzo delle festività anzidette. Si badi che il simbolismo solstiziale è comune alle forme culturali tradizionali di ogni parte del mondo. Per esempio, il famoso glifo dello Yin-Yang e del Tao, quello circolare e a spirale con la metà chiara e quella scura ognuna contenente un punto dell'altra, è di evidente impronta solstiziale. Le due metà rappresentano la parte luminosa e quella oscura del ciclo annuale. La parte chiara cresce e raggiunge il suo culmine di manifestazione e di espressione di luce e calore, e in quel momento "nasce" un seme di buio, che poi gradualmente aumentando andrà a formare la parte tenebrosa dell'anno, fino al culmine di manifestazione del''oscurità e del freddo quando "rinasce" il seme della luce e così via. I due centri in cui rinascono gli opposti complementari sono i solstizi: d'inverno, il 21 dicembre circa, nel mezzo del buio e del freddo, quando ritorna la luce; d'estate, al centro della luce del caldo, intorno al 21 giugno, allorché si rinnova l'oscurità.



Quest'ultimo è il caso attuale: il solstizio d'estate. Se durante il solstizio invernale si celebra la riemersione della luce, dello yang, dello spirito - e ciò è abbastanza chiaro e comprensibile, essendo la trasposizione simbolica e interiore del punto di svolta del cammino solare, quando la quantità di luce giornaliera reinizia ad aumentare - che cosa, dunque, si festeggia o si auspica il 21 (o 24) giugno? L'oscurità, il buio? In effetti esiste tutta una parte della spiritualità e della ricerca interiore dell'uomo che tende alla rappresentazione "negativa" del divino, cioè come di qualcosa di cui non si può dire nulla, qualcosa su cui non si può concettualizzare, perché al di là dell'esperienza sensibile. Ciò è particolarmente evidente in alcune mistiche dell'oriente e dell'estremo-oriente come certo Buddhismo e il Taoismo, ma è presente anche nella Cabala ebraica, dove il divino è occultato dai "tre veli dell'esistenza negativa": è come dire che della natura della Realtà si può dire soltanto ciò che non è!



Per tornare al solstizio estivo, la rappresentazione di esso in chiave interiore è così abbastanza evidente: al culmine dell'esperienza umana, nel momento in cui tutto è luminoso, tutto è abbondanza, tutto è conosciuto, conoscibile e assimilabile come nel pieno rigoglio della natura estiva, proprio in quel momento è opportuno non fossilizzarsi in solide certezze, non cristallizzarsi nel potere raggiunto, ma aprirsi umilmente al "vuoto" ontologico, offrire la propria consapevolezza come una coppa pronta ad accogliere il Mistero, l'Ulteriore. Così come Giovanni il Battista, rispettato taumaturgo e santo all'apice della sua fama, dichiara di non essere lui stesso il Messia, ma di annunciarne soltanto l'avvento. Mutatis mutandis, nel significato interiore, ogni uomo all'apice della sua maturità deve potersi aprire a sviluppi ancora successivi e insospettati. Il solstizio estivo, dunque, significa apertura e ricettività, superamento del conosciuto, oltrepassamento dell'arroganza che spinge a fermarsi su ciò che si è già raggiunto e consolidato.