venerdì 23 febbraio 2007

Flop di governo e psicanalisi.


Chi ha già letto un pò questi miei appunti sul blog, ha visto che talvolta mi piace occuparmi di analisi psicologica, di psicanalisi-fai-da-te, a proposito della politica. Questo perché mi sembra che i meccanismi edipici possano essere adatti per spiegare alcuni avvenimenti e configurazioni in questo ambito. Per esempio, al nostro stadio di evoluzione e nella nostra attuale situazione italiana di sviluppo collettivo della consapevolezza, secondo me incide ancora molto la figura paterna: intendo dire che i leader delle opposte fazioni devono anche fare i conti con la proiezione del simbolo del padre che viene fatta su di loro. Per ciò che riguarda la "destra", il "padre" - cioè il principale capo della coalizione - vede il suo ruolo abbastanza sostenuto e facilitato da questo tipo di proiezione psicologica: infatti i "figli" nell'ambito del centro-destra, proprio per il tipo di ideologia e di concezione del mondo che abbracciano, tendono ad accettare la figura paterna e a ricercare la sua approvazione identificandosi in essa, ma non necessariamente cercando di soppiantarla apertamente. Il conflitto edipico figlio-padre è mascherato, perché sembra più importante accattivarsi la benevolenza del genitore e l'appartenenza al suo clan, alla tribù archetipica. In altre parole il potere non è un problema, anzi: un capo forte cui associarsi rappresenta una sicurezza e sostiene i meccanismi di identificazione e di rafforzamento dell’io attraverso l’appartenenza. Il nemico è sempre all’esterno del clan. Quando vi fossero delle dissidenze nell’ambito della “famiglia”, esse raramente potrebbero degenerare in un vero e proprio scontro con il padre, a meno che non si abbia davvero la forza per "uccidere" metaforicamente e sostituire il leader. Altrimenti prevarrebbe comunque una configurazione dei rapporti tipo “figliuol prodigo”, cioè riconoscimento dell'errore e conseguente sottomissione. Nell'ambito della sinistra la situazione è diversa e più problematica: normalmente, infatti, le ideologie correlate si basano proprio sull'emersione della conflittualità con il potere istituito - quindi con la figura paterna - per raggiungere una maggiore autonomia dell'io rispetto ad essa. Il "padre" del centro-sinistra non può fondare il suo potere sull'autorità, come avviene nell'altro caso, ma sulla valorizzazione della particolarità e della personalità dei "figli" simbolici. Il suo è più un ruolo di mediazione e di guida, un'autorità che deve avere in sé anche valori femminili e materni. Naturalmente si tratta di un compito più difficile, complesso, di una grande sfida a raggiungere un livello di evoluzione e di consapevolezza che superi il "clan", l'identificazione collettiva, favorendo lo sviluppo di ogni singola individualità. Poiché, inoltre, nell'ambito della "sinistra" è così significativo e importante l'edipo contro il padre, cioè il desiderio di avere la meglio su di lui, di soppiantarlo, la situazione può essere veramente ingovernabile: qualora il conflitto edipico non fosse adeguatamente compreso e portato alla consapevolezza, si correrebbe sempre il rischio di una sua emersione incontrollata e distruttiva. Voglio dire che la sinistra ha assunto psicologicamente il compito di superare la dipendenza dall'archetipo paterno, e tale dipendenza può essere dichiarata (come avviene nella "destra") oppure manifestarsi più subdolamente come una opposizione al padre: cioè attraverso un'apparente liberazione dalla figura genitoriale si esprime una sostanziale dipendenza attraverso l'opposizione e l'aggressività: attaccamento e odio si equivalgono, sono comunque legami non risolti, non maturati. La "sinistra", insomma, dovrebbe poter superare l'edipo paterno, non esserne preda inconsapevole. Se non ci riesce, come invece sarebbe nelle sue migliori intenzioni, rischia di esserne sconfitta. Naturalmente questa mia analisi si riferisce proprio all'attuale situazione della politica italiana e vuole essere una interpretazione della crisi del governo di centro-sinistra...

mercoledì 14 febbraio 2007

San Valentino e i Lupercali.


Come avvenuto per praticamente tutte le feste pagane, la Chiesa Cattolica assimilò anche i Lupercali, ricorrenza romana che coincideva con la metà del mese di febbraio. Si festeggiava in prossimità della mitica grotta della lupa di Roma, sotto il Palatino, là dov’erano stati nutriti i gemelli Romolo e Remo. Il senso della festa era molteplice, ma comunque collegato con il preannuncio della primavera, con la rinnovata e auspicata fertilità della terra, con il nutrimento che essa avrebbe offerto nel prosieguo dell’anno agricolo. Per questo motivo erano parte della celebrazione riti per propiziare la fertilità della donne e delle coppie: da qui anche i riferimenti alla sessualità e all’amore in essa presenti. Il problema nel V secolo era rimpiazzare una scomoda festività pagana (che oltretuttto aveva anche elementi orgiastici) con una celebrazione cristiana. Fu scelto a emblema il santo vescovo di Interamna Nahartium (l’attuale Terni) Valentino, che nel 273 d.C. aveva subito il martirio sotto Aureliano. Molto opportunamente circolavano su questo personaggio aneddoti, fatti e leggende che lo legavano all’amore: egli, ad esempio, rifiutò di sospendere il rito di benedizione per gli sposi anche di fronte alla richiesta dell’Imperatore Claudio II il Gotico; riconciliò due giovani con l’aiuto di una rosa miracolosa, celebrò il matrimonio fra una cristiana e un legionario pagano opportunamente convertito, e prima di morire ridonò la vista alla figlia cieca del suo carceriere, poi salutandola come un innamorato con un messaggio che si concludeva con le parole “dal vostro Valentino”... Il rito per il dio Lupercus veniva dunque sostituito da concetti suggestivi: un coraggioso martirio per la fede, la conversione alla nuova religione e l’abbandono del paganesimo, la sacralità del rito cristiano che benedice la coppia regolarmente formata da un uomo e da una donna, la forza risanatrice dell’amore “puro” e “platonico”. Ultima notazione: Lupercus, il dio venerato ed evocato nei Lupercali, sembra fosse la trasposizione latina del dio greco Pan. Lo psicologo James Hillman ha dedicato molte delle sue ricerche alla riflessione su questa divinità, facendo delle differenziazioni con la figura mitica del Cristo e considerandola emblema dell'eros e della sessualità non-procreativa o, comunque, non finalizzata alla riproduzione. Poiché, però, nella versione di Lupercus egli rappresentava anche la fertilità, potremmo dire che nel simbolismo di Pan, di Lupercus e della festa antica abbiamo l'allusione ad un amore non istituzionalizzato, spontaneo. Di.Co., vogliamo riparlare dei Pa.C.S...?