venerdì 16 marzo 2007

Buddismo in carcere.


Segnalo una notizia de "La Stampa" che può essere letta al seguente link: >http://www.lastampa.it/search/albicerca/ng_articolo.asp?IDarticolo=1542359& Si tratta di un fenomeno che si sta producendo nel carcere delle "Vallette" a Torino: i detenuti praticano il buddismo e ne ricevono benefici. Oltre al fatto che ne sono molto contento, non voglio commentare ulteriormente in quanto sono "parte in causa": infatti io pratico proprio lo stesso tipo di buddismo. Vorrei solo fare una notazione curiosa: spesso in questa corrente o scuola religiosa si parla di Liberazione. Liberazione dal dolore esistenziale, dall'oscurità fondamentale (cioè l'ignoranza ontologica), oppure dal Samsara - la cosiddetta "ruota delle nascite e delle morti". Ebbene, quale luogo rappresentativo, anche simbolicamente, potrebbe essere migliore per praticare (o iniziare a praticare) il buddismo del... carcere???

6 commenti:

  1. Caro Maurizio, in effetti è difficile trovare un luogo (simbolico o non) maggiormente rappresentativo della "liberazione" dalle catene come una prigione. E' veramente indicativo di come il fiore di loto di una pratica meditava e spirituale sia nato dietro sbarre e serrature e chiavistelli. Un altro esempio vivo di come la realtà ci offra cose strabilianti maggiori che in ogni storia immaginata. Marco
    postato da cuore_vivo il 17/03/2007 10:46

    RispondiElimina
  2. In verità oggi , con il Ciclo del Kali - Yuga che sta per scendere al punto più scuro , siamo tutti in una prigione senza sbarre.Trovare la propria libertà spirituale anche in condizioni di carcerazione è una possibilità di resistenza affascinante. Roberto Minichini
    postato da Roberto Minichini il 17/03/2007 21:40

    RispondiElimina
  3. Anche nel buddhismo giapponese c'è un concetto analogo al "Kali Yuga" indù (l'"Era Oscura"): si tratta di "Mappo", ovvero dell'Ultimo Giorno della Legge. E' un'allusione al periodo in cui l'insegnamento del Buddha declina, cioè - in senso più ampio - al momento in cui l'uomo non è più in contatto con il Sé, il Vero Io, e con la Legge Universale. Vorrei sottolineare che il "carcere" come metafora della nostra condizione, non allude tanto al fatto che siamo imprigionati e limitati da circostanze "esterne" negative e oscure, quanto da fattori interiori che - per ciò stesso - sono a nostra portata e da noi modificabili attraverso un lavoro auto-conoscitivo.
    postato da Maurizio il 20/03/2007 09:

    RispondiElimina
  4. Sono uno di quelli che hanno avuto la fortuna di incontrare il BUDDISMO durante la detenzione nel carcere Di Torino, anno 2003. Vi assicuro che ho visto cose incredibili. Ho visto dei violenti genetici cambiare completamente atteggiamento, mettendosi al servizio della FEDE. Ho visto i DURI piangere come bimbi durante il DAIMOKU. Ho visto famiglie ricongiungersi grazie a tali cambiamenti. Purtroppo ho avuto molto tempo per assistere a tutto ciò ma oggi, da uomo libero, mi dico che è stato tutto bellissimo e altamente istruttivo.
    Lorenzo

    RispondiElimina
  5. Lorenzo, grazie per la tua testimonianza.

    RispondiElimina
  6. Ciao Lorenzo..a me piacerebbe portare il buddismo nel carcere livornese

    RispondiElimina