mercoledì 14 novembre 2007

L'isola dei famosi.


Vorrei provare a dire qualcosa sull'"Isola dei famosi", il reality show. Non nel senso delle considerazioni più o meno critiche sul fenomeno "reality", sulla TV trash, eccetera, eccetera. Vorrei anzi dire che trovo piuttosto interessante quanto viene mostrato in questo show, e l'idea che ne è alla base mi sembra intrigante.

In alcune società primitive esistono dei "riti-di-passaggio", per esempio quello dall'adolescenza all'età adulta per gli individui maschi di certe etnie, nei quali i componenti di un gruppo, di una fascia sociale, di una tribù, vengono lasciati nella foresta, senza aiuto, soli, a dimostrare la loro possibilità di cavarsela, il coraggio, il loro essere "adulti", oppure per manifestare e controllare "poteri" sciamanici in relazione alle forze naturali, agli spiriti, e via dicendo.

Il programma televisivo in questione non è, da un lato, paragonabile a queste tradizioni che hanno la loro realtà, spontaneità e verità: qui è tutto costruito, apparente, legato comunque ad un altro tipo di società, la nostra, ed ha significati immediati completamente diversi - è soltanto uno show, e il suo principale obiettivo è l'audience, la pubblicità e tutto quanto collegato. Però, forse, nel profondo, le analogie ci sono: forse si tratta davvero di un "rito-di-passaggio" partorito dalla nostra cultura moderna e adatto ad essa con tutte le sue caratteristiche, per esempio la componente televisiva dell'effimero e dell'immagine. Un rito cui, però, partecipano sia i protagonisti che gli spettatori attraverso l'identificazione, come in un dramma catartico.

I "famosi" che gradualmente diventano anche affamati e i "non-famosi" che aspirano alla notorietà, in fondo, rappresentano molto efficacemente noi occidentali moderni e la nostra società che ha fatto naufragio, e in cui la fame principale, il bisogno primario, è quello di ritrovare sé stessi, la propria umanità, i valori profondi, il rapporto con gli altri uomini su basi di verità e collaborazione.

I famosi-affamati siamo proprio noi, nella nostra vita comune e quotidiana. Abitiamo in isole caraibiche, in paradisi artificiosi, nel cosiddetto benessere, però ci manca il necessario per l'anima, abbiamo perso la nave, la casa, ci siamo arenati su una falsa idea di successo e di piacere. Non siamo in grado di avere rapporti sinceri e basati sull'essenza, non siamo in contatto con noi stessi, ma conosciamo solo l'idea che abbiamo di noi stessi, il nostro apparire e dimostrare. Siamo naufraghi.

I protagonisti del reality televisivo, e anche noi che li osserviamo, mettono in scena la presa di coscienza di tutto questo. Durante la loro permanenza nell'isola dell'Honduras - che da un lato rappresenta l'illusione della vacanza e del successo e dall'altro è isolamento e occasione introspettiva - lasciano emergere ciò che nel buddismo si chiamerebbero i tre veleni: avidità, stupidità e aggresività. Come in un processo meditativo, come in un seminario o un workshop autoconoscitivo, si manifestano le contraddizioni, le ostilità, le meschinità - se ne prende coscienza. La televisione indugia su tutto ciò, lo sottolinea, lo utilizza come mezzo per far presa sul pubblico - forse in un processo catartico. Qualcuno dei protagonisti, poi, comincia a lasciar emergere dal profondo di sé qualcosa di diverso, di non contaminato e non oscurato dalle privazioni, dall'ego, dai veleni propri e altrui. In qualcuno emerge una forza, una semplicità, una sincera umanità che, probabilmente, va oltre il desiderio di apparire, che ha una sua realtà - proprio perchè si manifesta in condizioni difficili. Tutti i protagonisti, mi sembra, dopo l'esperienza, raccontano di aver ritrovato in tutto o in parte "sé stessi". Gli spettatori ne sono soddisfatti e affascinati, oltre ad essere ammaliati dalla consueta rappresentazione televisiva del conflitto: sì, nel profondo siamo anche stupiti dell'emergere di qualcosa che accenna al suo superamento, qualcosa di nuovo e di interiore, qualcosa che - in definitiva - attendiamo: una prospettiva di stabilità, certezza e realtà... oltre il naufragio.

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