giovedì 13 maggio 2010

Televisione: gare e televoti.


Ho notato che nella televisione d'intrattenimento esistono due modalità tipiche della maggior parte dei programmi: la gara fra concorrenti e il televoto. Anzi, si potrebbe quasi dire che queste componenti stanno talmente dilagando che tendono ad entrare in qualche modo - anche in piccola parte - in ogni trasmissione. Per esempio anche nelle trasmissioni d'informazione può esserci una partecipazione del pubblico attraverso l'invio di SMS con commenti: non è proprio un televoto... ma qualche analogia c'è! La gara, particolarmente sotto forma di quiz, è quasi nata con la TV: non serve, tanto sono noti, ricordare il "Lascia o raddoppia?" di Mike Bongiorno o il "Musichiere" di Mario Riva, antenati degli attuali format di quiz e, forse, in parte, addirittura dei reality show. Anche un qualsiasi programma musicale è presentato sotto forma di competizione fra cantanti: non solo il festival di Sanremo, ma anche i nuovi prodotti televisivi - perfino quelli riguardanti non la musica leggera ma la lirica, oppure il ballo - sono delle gare, e in tutti c'è - insieme all'opinione della giuria - il decisivo parere dei televotanti. In effetti questo Televoto è il prodotto delle recenti tecnologie e anche di una moderna tendenza a coinvolgere attivamente il pubblico, a non lasciarlo spettatore passivo; dando, inoltre, l'impressione di una vera (o supposta) partecipazione democratica a qualsiasi verdetto, ad ogni decisione. Tale partecipazione può assumere perfino la caratteristica di una contribuzione in denaro - solitamente piccola, di uno o due euro - ad iniziative assistenziali, alla ricerca scientifica, alla beneficenza nelle sue varie forme.
Personalmente, come spettatore, mi viene da riflettere e da interrogarmi su questo proliferare di gare e di competizioni. Possibile che non sia più possibile vedere - ad esempio - un programma di canzoni, magari anche molto godibile di per sé, senza che vi debba essere per forza un giudizio, una giuria, un televoto e un vincitore? Mi chiedo: perché lo fanno? Mi rispondo: probabilmente perché così il programma risulta più interessante, attrae di più. Abbiamo, dunque, dentro di noi questo bisogno di lotta, questo forte desiderio di agonismo simile a quegli antichi spettacoli di massa che si consumavano nei circhi e negli anfiteatri? E al contempo: abbiamo questo bisogno di partecipare attivamente all'esito della competizione, proprio come - ancora una volta - facevano gli antichi romani, quando gli spettatori stessi decretavano la vita o la morte del gladiatore di turno?
Ho posto delle domande, ma non ho risposte certe. Forse siamo davvero di fronte a pulsioni ataviche che si ripropongono attraverso i moderni mezzi tecnologici e la televisione. Sicuramente la vittoria e la sconfitta sono grandi archetipi dell'animo umano. Così anche la collettività, la forza della massa è un archetipo, cui si aggiunge l'esaltazione attuale dell'individualità - della scelta personale, del voto, della libertà del singolo di esprimere una preferenza. Mi pongo ancora una domanda: non siamo forse, ancora una volta, alla caricatura, all'immagine deformata e grottesca della democrazia - che invece non è pulsione, esaltazione dell'io, ma consapevolezza individuale e partecipazione?...

Nessun commento:

Posta un commento