mercoledì 12 luglio 2006

Marcia Trionfale.


Non sono un appassionato di calcio, anzi... direi proprio il contrario. Tuttavia questa volta ho osservato con interesse le vicende dei mondiali e ho seguito le competizioni con un certo piacere. In breve sono riuscito a calarmi nei panni di chi queste cose le ha sempre seguite ed apprezzate. Sono molto contento di questo, e in effetti per me è una vittoria personale: con la maturità (intendo con il progredire dell'età e non necessariamente della saggezza) mi rendo conto che è bello e importante calarsi nelle atmosfere 'collettive', nelle modalità consuete della vita... se non altro per capire, per condividere, per partecipare. Quella sorta di arroganza intellettuale, quella malcelata e sottile vena di disprezzo 'rivoluzionario' verso le mode e le opinioni comuni si va in me stemperando, sostituita dal desiderio di comprendere, forse addirittura - non vorrei usare parole troppo impegnative, ma devo dirlo - di amare. Sarà la famigerata compassione buddista che, grazie alla 'pratica', mi si fa tangibile, si sviluppa...? Mah! Seguendo, come dicevo, le partite, ho comunque notato una cosa - forse ovvia per molti, però per me molto intrigante: la somiglianza, anzi, addirittura l'identità, fra questi giochi - la lotta, la vittoria e la sconfitta, l'entusiasmo delle folle e tutto l'insieme - e le manifestazioni circensi dell'antica Roma. A parte il fatto che oggi non si arriva (o non si dovrebbe!) alla violenza vera e propria, al sangue, alla morte, guardando il trionfo della 'nazionale' ho avuto la netta impressione di assistere a qualcosa di antichissimo: al tripudio collettivo per la vittoria dei gladiatori, unito a quello delle marce trionfali che accoglievano in un bagno di folla e lasciavano sfilare in festa i vittoriosi reduci delle guerre contro i dalmati, i britanni, i galli, i goti. E' mai possibile che in queste manifestazioni odierne davvero emergano - sorgendo da una sorta di inconscio collettivo - comportamenti e significati di migliaia di anni fa e anche più antichi? Certo colpisce che in un'epoca smaliziata come la nostra dove le ideologie hanno pochissima presa sulla gente - sia in senso positivo che negativo - si possano scatenare entusiasmi di massa come quelli osservabili in questa occasione. E' come si trattasse di un nazionalismo non ragionato, non elaborato, non ideologico, bensì archetipico, del ventre e del cuore. Come a soddisfare un bisogno a lungo disatteso o represso: quello alla vittoria, al giubilo collettivo, all'identificazione con una causa e una bandiera. Forse abbiamo tutti necessità, come individui e come nazione, di credere in qualcosa di rivitalizzante, di sconfiggere la paure, la depressione, la morte. E allora, in un'epoca come quella attuale di appiattimento ideale scientista e materialista, di problemi economici, si riscopre la gioia della celebrazione, del rito, della partecipazione. D'altra parte, non era ciò che avveniva anche allora, con i circenses?

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