martedì 23 dicembre 2008

Paradossi taoisti.


"Nell'antichità coloro che eccellevano nel praticare la Via non se ne servivano per illuminare il popolo, ma per tenerlo in stato di ignoranza. Quando il popolo ha troppo sapere è difficile da governare, perciò colui che governa un paese per mezzo del sapere è un flagello per tale paese...(Tao Te Ching - cap. LXV - trad. Duyvendak - ed. Mondadori)"

"...Se non si dà valore ai beni difficili da ottenere, si ottiene che il popolo non rubi. Se non gli si mostra ciò che potrebbe bramare, si ottiene che il cuore del popolo non sia turbato... Ecco per quale ragione il Santo nella sua opera di governo indebolisce la volontà (degli uomini) e rafforza le loro ossa... egli pratica il non agire e in questo caso non c'è nulla che non sia ben governato (cap.III - ed. cit.)."

Si tratta di affermazioni sorpredenti per una corrente di pensiero libertaria come il taoismo e un Maestro illuminato come Lao-tzu. Però, a mio parere, per comprenderle è necessario contestualizzare storicamente e filosoficamente. Ciò non per fare dell'erudizione fine a sé stessa, ma per cercare di calarsi nel pensiero o nell'intenzione dell'autore e poi, eventualmente, trarne dei significati personali e validi anche per la propria vita ed esperienza. La corrente religioso-filosofica del taoismo si pone in maniera rivoluzionaria rispetto alle concezioni vigenti all'epoca, che sfociarono nella codifica operata dal Confucianesimo. Si trattava di un modello sociale e culturale che fondava su un'opera fortemente moralizzatrice e propagandistica, che esaltava valori e comportamenti considerati positivi, in linea con la volontà divina. Esisteva una rigida e precisa gerarchia sociale con l'Imperatore e i suoi funzionari al vertice, e anche la famiglia era strutturata in ruoli precisi e inderogabili, i cui componenti dovevano svolgere funzioni prefissate, sempre volte ad esprimere la virtù, la bontà, l'amore, la pietà filiale, la cultura, la disciplina, eccetera. All'interno della famiglia - così come nello stato aveva rilevanza il grado di autorità e lo specifico ruolo - ci si appellava l'un l'altro non tanto con il nome personale, quanto con espressioni che definivano la posizione genealogica: Primo Cugino, Secondo Zio, Terzo Nipote. Anche l'istruzione era tenuta in grande considerazione, c'erano scuole con severi esaminatori e ospedali, insomma tutto era codificato e perfetto. Il taoismo, tuttavia, è critico verso tale "perfezione" considerandola totalitaria, di facciata, come qualcosa di imposto dalla mente degli uomini, sempre lontana dalla spontaneità e dalla natura delle cose. Per questo Lao-tzu pone dialetticamente i suoi paradossi estremi: se nomini la Realtà Ultima (Tao) la perdi, se fai opera moralizzatrice incoraggi il vizio, se agisci con una volontà coscientemente diretta otterrai l'opposto di quanto ti sei prefisso. L'"ignoranza" esaltata dal taoismo significa naturalezza, adesione alla propria vera natura; il "vuoto" è apertura alla vita che ha in sé propri ritmi e insegnamenti, diversi dalle idee restrittive e fuorvianti, dagli slogan e dalle schematizzazioni con le quali l'uomo a volte finisce per impoverire la propria realtà e quella del mondo circostante.

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