venerdì 30 ottobre 2015

Metafonia

Non ho intenzione qui di ripercorrere le tappe della ricerca metafonica o psicofonica, che parte da Jurgenson e passa da Raudive, fino ad arrivare agli sperimentatori italiani come Gabriella Alvisi o Marcello Bacci, e via via approda ai giorni nostri. D'altra parte le informazioni per chi è interessato sono facilmente reperibili sulla rete, così come gli audio e i video correlati. Questo tipo di esperienza e di sperimentazione, inoltre, ha subito delle modificazioni con il progredire delle possibilità tecnologiche e con l'uso del computer, e ormai la frontiera si è spostata verso la metavisione, la metafotografia e forme consimili dette "Transcomunicazione strumentale".
 
Di cosa parliamo sostanzialmente quando diciamo metafonia? Della possibilità di comunicare con i propri cari trapassati o, in genere, con i defunti. L'assunto è che dall'altra dimensione questi possano riuscire ad esprimersi, a dirci qualcosa, a farsi riconoscere, modificando in fase di registrazione le onde della radio o le sonorità dell'ambiente in modo tale da produrre voci dotate di senso, comprensibili, che parlano e costituiscono una manifestazione percepibile della loro presenza.

Personalmente, poiché mi occupo di parapsicologia da sempre, ho molta dimestichezza con la materia, ho conosciuto Marcello Bacci personalmente e ho assistito ai suoi esperimenti, e ho conosciuto e visto molto altro. Tutto ciò insieme a mia moglie Paola. Questo campo faceva parte dei nostri interessi e delle nostre ricerche amatoriali. Dopo la sua dipartita era dunque naturale che, prima o poi, tentassi di risentirla in qualche modo, di contattarla anche attraverso le 'registrazioni delle voci'. Sarebbe stato strano il contrario, visto che la metafonia era già parte delle nostre conoscenze e della nostra cultura. Naturalmente, non praticandola attivamente da tanti anni, ho trovato dei cambiamenti nel panorama ad essa collegato. Per esempio oggi è molto più diffusa, e molti sperimentano senza dover per forza andare dalle persone note che la fanno. Quindi c'è maggiore indipendenza, e tutti possono provare - purché armati di pazienza, costanza, determinazione.

Posso inoltre testimoniare che la metafonia ha un grandissimo potere terapeutico per chi è in lutto. Basta sentire un accenno, le prime parole registrate, per provare una gioia e un sollievo difficilmente esprimibili e raccontabili. Si sta subito meglio, pur considerando che il dolore della mancanza di una persona cara è davvero forte e importante. Certamente c'è poi la riflessione, il chiedersi da dove vengano queste 'voci', quanta parte di suggestione e autoconvinzione c'è in esse. I detrattori, è ovvio, negheranno ogni validità e considereranno tutto quanto come una mera illusione. Secondo me, però, ad essere onesti, non è così facile liquidare questo fenomeno. Con tutte i possibili errori e la possibile tendenza all'auto-mistificazione, ci sono delle cose che davvero non sembrano spiegabili.

Faccio un piccolo esempio in argomento. Mentre registro sto facendo un discorso, sto parlando alle eventuali entità, spiegando loro che alcuni non credono al fenomeno e pensano sia illusorio. Il luogo è silenzioso, non ci sono interferenze. Semplicemente il microfono è aperto nella stanza, si chiama 'registrazione ambientale'. Sono da solo. Mentre esprimo i miei pensieri, si introduce una voce sussurrata in una pausa del mio discorso e, direi, lo completa. Io sto spiegando che gli studiosi del CICAP pensano che la metafonia è...
La voce completa la mia frase dicendo: "'Na bufala!" La voce è flebile, forse poco avvertibile, però molto chiara. Sicuramente è necessario farci un po' l'orecchio per sentire bene. Con la pratica, comunque, le voci metafoniche risultano percepibili piuttosto bene, anche se con eccezioni e particolarità di cui eventualmente scriverò in seguito. Invito a riflettere sull'ironia che la 'presunta' entità comunicante dimostra, e quindi anche la sua intelligenza e autonomia. Mi sembra piuttosto difficile negarne la presenza e l'efficacia!
 
 

giovedì 30 ottobre 2014

Riprendo a scrivere sul blog?

Sono passati più di tre anni da che ho scritto l'ultimo post su questo e sugli altri miei blog. Ciò penso sia dovuto alla svolta che ha avuto la mia vita, allo tsunami che mi ha investito. Un cambiamento molto doloroso, legato alla morte della mia amata compagna, Paola, con la quale ho condiviso 35 meravigliosi anni. Dopo non ho più avuto l'interesse, la forza, il desiderio di  scrivere qui. Però ho scritto infinite altre cose, in privato, per me stesso, per ritrovare un contatto con lei, per elaborare l'incredibile e assurda sua assenza. Ho scritto dei nostri primi anni, di come ci siamo conosciuti, dei nostri viaggi. Poi dei miei sogni attuali, in molti dei quali lei è presente e alcuni di essi sono veramente bellissimi, straordinari, lucidi. Ho annotato più di 1.200 sogni sul mio diario onirico!
 
Ora forse sono nuovamente in grado di esprimermi e di fare delle notazioni sugli argomenti che questo e gli altri blog trattano, comincio a sentirne nuovamente il desiderio. Potrei, adesso, parlare del lutto, della sua elaborazione, del dolore, della mia esperienza, dei sistemi che ho trovato per ritrovare il contatto con la mia compagna - sia pure su un'altra frequenza...
 
Forse, ma ancora non so. In realtà questo è soltanto un piccolo, timido approccio alla scrittura. Cioè, a questo tipo di scrittura pubblica, che mira alla condivisione. Potrebbe concludersi qui, con queste poche righe e con l'immagine di Paola che ho disegnato riproducendo uno dei miei sogni. Oppure potrebbe darsi che continui... 

mercoledì 2 febbraio 2011

Anno del Coniglio

Il giorno 3 febbraio 2011 inizia l'Anno del Coniglio secondo l'astrologia cinese. Per il sistema estremo-orientale il primo giorno dell'anno è anche il primo giorno di primavera, e dunque è un momento di grande rinnovamento che coincide con la luna nuova a metà strada fra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera. Il Maestro buddista Nichiren Daishonin (1222-1282) scriveva: "Il giorno di Capodanno segna il primo giorno, il primo mese, l’inizio dell’anno e l’inizio della primavera. La persona che celebra questo giorno accrescerà le sue virtù e sarà amata da tutti, come la luna diventa piena, muovendosi da occidente a oriente e il sole risplende più luminoso, avanzando da oriente a occidente. (dalla Raccolta degli scritti di N.D., pag. 1008 - Esperia)" Il senso profondo di queste parole sta, probabilmente, nella disponibilità a rinnovare sé stessi, nella capacità di mettersi in discussione e ricominciare, magari non soltanto a Capodanno, ma ogni giorno. Ogni giorno è Capodanno! Al di là di queste considerazioni più generali, riguardo al Coniglio astrologico (detto anche Lepre) la tradizione dice che esso è portatore di estrema sensibilità e intuizione, di delicatezza nei modi e nelle manifestazioni. Nel mito cinese il Coniglio è disposto al sacrificio di sé, alla generosità, a dare la vita per un nobile scopo, e la sua immagine può intravvedersi sulla Luna, dove prepara e custodisce l'elisir dell'immortalità - tanto cara ai Maestri dell'Alchimia Taoista. D'altra parte, a ben riflettere, è proprio quando rinnoviamo noi stessi che otteniamo una rigenerazione della nostra vita e beviamo - per così dire - l'elisir citato. Il dono, la generosità, sembrano - negli antichi racconti cinesi sul Coniglio - proprio i catalizzatori di questa immortalità, di questa capacità di rinnovamento. Se tali sono i significati che l'animale astrologico in questione trasmette, quest'Anno cinese 2011 può rappresentare una grande occasione per offrire una parte del nostro tempo ad una causa positiva, ad aiutare gli altri, ad aprire la nostra vita a qualcosa che non è soltanto legato all'interesse personale, ma anche a decisioni ed azioni che partano dal cuore. E' questo il momento giusto. Ne avremo un grande ritorno in termini di soddisfazione, energia, nuove prospettive, nuova comprensione della vita. Attenti, però, alle cause o alle persone cui si intende offrire qualcosa: è molto importante non essere ingenuamente fagocitati da persone poco corrette o catturati in meccanismi deteriori, obbedendo magari a sensi di colpa, a doveri imposti, eccetera. La vera generosità è sempre libera e profondamente sentita, non una forma di oppressione o di costrizione cui ci sottoponiamo. La generosità, se correttamente manifestata e se impiegata per giusti motivi, conferisce gioia immediata, liberazione interiore, solleva l'animo: non lo imprigiona sotto pesi insostenibili. Per fortuna il Coniglio è anche molto intuitivo e sagace, sa cosa vuole e percepisce cosa può nuocere. L'elemento dell'attuale Anno del Coniglio, inoltre, è il Metallo - capace di purificare e direzionare. Utilizziamo, dunque, questa chiara visione delle cose e recuperiamo in noi stessi la meravigliosa e benefica capacità di offrire disinteressatamente.   

martedì 11 gennaio 2011

Iniziare di nuovo

Siamo nel nuovo anno, ecco che il ciclo stagionale e annuale è reiniziato.
Una considerazione in proposito: il tempo viene concepito in modi differenti in epoca moderna e dalle antiche culture.

Nel primo caso il tempo è lineare, segue una direzione che va dal passato verso il futuro, da un punto iniziale ad uno finale e, soprattuto, è quantificabile, misurabile, "commercializzabile", entra negli schemi del marketing. Il tempo è qualcosa di cui disponiamo in quantità limitata e la nostra preoccupazione al riguardo va dall'"ammazzare il tempo" quando non sappiamo che farcene e lo sprechiamo, all'idea che "il tempo è denaro" quando vogliamo sfruttarlo al massimo per scopi concreti e utilitaristici. In generale possiamo anche osservare che la mentalità attuale, per lo più "scientista" (cioè improntata ad un materialismo scientifico e a nuove superstizioni tecnopragmatiche), è soprattutto certa - in maniera più o meno consapevole - della fine del tempo, cioè della morte.

Diversamente concepivano le antiche culture: per loro il tempo era ciclico, eternamente ritornante su sé stesso, e questo fatto era sacro, cioè dotato di senso, di significato, perchè unificava la vita e la morte in un movimento evolutivo armonico sostenuto da una legge eterna, o meglio, oltre il tempo. Per questo motivo le limitazioni che si sperimentano, per forza di cose legate alle due grandi categorie universali del tempo e dello spazio, sono - secondo questa visione - meno laceranti, dolorose, meno definitive. Si percepisce una unità di base, un assoluto all'interno del ciclo di vita-morte, che rende transitoria e illusoria ogni ansia, ogni paura, sostituendola con la certezza dell'essere.

Per tornare al nostro inizio d'anno, e per essere in armonia con il momento significativo e simbolico del ciclo, anche ognuno di noi deve potersi rinnovare, cioè deve ritrovare il nuovo, la novità, la rivoluzione entro sè stesso. Volgersi verso la propria vita ed operare delle trasformazioni in positivo. Per questo motivo all'inizio dell'anno si formulano degli obiettivi, si pongono o si rinnovano dei propositi. Non è una pratica vuota, priva di senso: si tratta di un'occasione per ritrovare - sostenuti dal ciclo annuale - l'entusiasmo del reinizio e anche la sua progettualità, cioè la capacità e la volontà di ideare il nuovo, maggiore determinazione nel combattere e superare ostacoli ed elementi negativi, concepire direzioni, sviluppi e sfide significative per il proprio sviluppo. Forza, dunque! Sempre secondo il ciclo stagionale, abbiamo tempo per elaborare questo rinnovamento progettuale e ideale di noi stessi fino ai primi giorni di febbraio, dopo di che bisognerà porre elementi concreti e azioni pratiche a sostegno di ciò che avremo stabilito.

giovedì 11 novembre 2010

Era meglio prima?


Mi capita frequentemente di imbattermi nell'opinione che le cose andassero meglio nei tempi passati, socialmente e culturalmente, nei comportamenti, nel costume, nelle ideologie, nella visione del mondo. Chi esprime questa opinione nota che oggi esiste una crisi di valori, specialmente nei giovani, ma anche in generale. Ritiene che ci sia un degrado nei comportamenti ovunque, che non ci sia più serietà, che non ci sia più responsabilità. Qualcuno collega questo fenomeno ad una assenza di religione, che non viene più sentita e osservata. Queste persone, che in genere sono di mezza età o più - ricordando i tempi trascorsi e nonostante i difetti che da giovani, all'epoca, avevano riconosciuto in chi governava, in chi aveva posizioni di potere o di conoscenza nella società o nella famiglia, e contro i quali aveva magari protestato - oggi prova rimpianto: pensa che le cose andassero tutto sommato molto meglio, che ci fosse coesione sociale, che ci fosse una sincera ricerca di miglioramento, che i ruoli fossero importanti e rispettati, che si potesse concepire un futuro, cosa attualmente molto più confusa, complessa e incerta. Devo dire che queste osservazioni sembrano anche a me abbastanza calzanti e che si possa condividerle, perché la situazione mondiale adesso sembra veramente senza precedenti: lo smarrimento può prevalere, i problemi collettivi, ambientali, sociali possono sovrastarci in una maniera che non si è mai verificata, in nessuna epoca, con analoga potenzialità distruttiva. E' vero anche che la religione tradizionale, soppiantata durante il secolo scorso con le "fedi" politiche e ideologiche del comunismo o del nazionalismo, ora non trova più neanche nelle ideologie una sostituzione, e che rimane un vuoto di speranza oppure la tendenza a rifugiarsi nei fondamentalismi, nelle etnie, nelle ottuse divisioni. Non voglio, però, indugiare nel descrivere ancora i nostri tempi e le problematiche correlate, che sono tante e forse di difficile comprensione. Quello che voglio dire è che, quando sento i discorsi di quelli che dichiarano che "era meglio prima", stranamente, nonostante capisca e condivida molto di quanto affermano, non riesco ad essere della loro stessa idea, non mi sembra proprio vero che una volta il mondo fosse migliore. Credo invece che questo sia un errore diffuso, una specie di "errore di parallasse" nel punto di vista di chi fa questo tipo di osservazioni. Provo a spiegarmi meglio:
1. non si può negare che la sensazione che un tempo esistessero valori oggi perduti e che si stesse più o meno bene, che i giovani siano confusi o peggio, ecc., sia propria ad ogni epoca. I genitori o gli anziani hanno sempre avuto l'impressione che le giovani generazioni non fossero all'altezza, che fossero mancanti di raziocinio, sbandate, senza ideali. Io, che ho 52 anni, ricordo questa opinione in coloro che mi hanno preceduto e che, quando ero un ragazzo, mal comprendevano i miei pensieri e comportamenti. Anzi, in qualità di giovane, ero molto critico verso la cultura e la società allora esistente e che rappresentava, per me, valori vecchi e superabili. Lo scontro generazionale può essere più o meno marcato, può variare nelle varie epoche in intensità, può essere più o meno espresso o represso, ma esiste. Gli anziani, inoltre, hanno la tendenza a rimpiangere ciò che è trascorso e a non comprendere l'attuale. Se leggiamo resoconti del XIX secolo o dell'epoca romana o di altre fasi storiche, possiamo ritrovare queste stesse modalità: esse sono un cliché, addirittura un archetipo.
2. Secondo la psicologia, la fase prenatale e intrauterina e anche il rapporto infantile con la madre sono esperienze che rimangono profondamente incise nell'inconscio e influenzano in vario modo tutta la nostra vita. Si tratta di elementi affettivi e anche simbolici che - secondo Freud -sarebbero perfino alla base della religiosità, con il suo desiderio di abbandono e di totalità. Se davvero nel nostro inconscio abbiamo questo, se sottilmente percepiamo nel nostro passato un'epoca di calore, sicurezza, beatitudine, dobbiamo forse meravigliarci del suo affiorare in età matura, quando le forze fisiche declinano e il nostro futuro si assottiglia, quando entriamo nella fase in cui nel cuore percepiamo il confronto con le cose che finiscono, con la morte? Il sentire che "era meglio prima" potrebbe in realtà nascondere il rimpianto per la condizione infantile e addirittura per quella pre-natale, fonti di soddisfazione e sicurezza che la psicologia ritiene irripetibili. Anche con una semplice riflessione di senso comune, inoltre, possiamo notare che "quando le cose andavano meglio" eravamo in una fase diversa della nostra vita individuale: avevamo una visione più flessibile e meno strutturata, meno condizionata dall'esperienza, avevamo più futuro e maggiore vitalità. La rivalutazione del passato e la critica dell'attuale, dunque, pur essendo rivolte alla situazione sociale e ambientale, in realtà riguarderebbero principalmente noi stessi e il nostro modo di percepirci.
3. C'è un mito che fa parte, per così dire, dell'inconscio dell'umanità e affonda nella notte dei tempi: è quello dell'Età dell'Oro. Esiste pressocché in tutte le culture e in tutte le tradizioni questa idea di un paradiso perduto, di un'era di felicità e saggezza, di una civiltà superiore ora scomparsa. Prescindendo dalle anzidette considerazioni psicanalitiche, che potrebbero sottostare anche a questa concezione, e dando credibilità all'idea che un tempo - in un'epoca di cui la storia che conosciamo non conserva che flebili tracce - esistesse veramente un mondo migliore e una civiltà più evoluta della nostra, possiamo ipotizzare che dentro di noi, collettivamente, ne portiamo ancora il ricordo. Tale mito vive nel nostro profondo e, quando attraversiamo tempi difficili, di crisi, di oscurità, così frequenti nella storia dell'uomo, esso affiora con potenza dandoci la precisa sensazione che prima le cose andassero meglio, che le persone fossero più sagge, eccetera. In realtà ci riferiamo, inconsciamente, non al periodo che abbiamo vissuto precedentemente e personalmente, ma ad un evento molto più remoto, patrimonio ancestrale dell'umanità...
Concludo con un'ultima considerazione: io non vorrei ritornare indietro. Anche l'epoca della mia infanzia e giovinezza, in fondo, non mi sembra così accattivante. Sarebbe terribile doversi confrontare con la stessa cultura, certe chiusure mentali e sociali, una certa ristrettezza di condizioni familiari, educative e di costume. Per carità! E ancora peggio sarebbe tornare nell'Ottocento, con le sue insurrezioni, i suoi dolorosi tentativi di liberazione e unificazione, e poi, via via più indietro, Settecento, Seicento, Medioevo, Antichità, durante le inquisizioni, le torture, i fanatismi e i dogmatismi, le guerre e le discriminazioni sociali e religiose che hanno sempre caratterizzato la storia dell'uomo. No, amici miei, non ci sto. Personalmente ritengo che... è senz'altro meglio oggi, sia pure con tutti i problemi che dobbiamo affrontare mi sento più libero, ho la possibilità di essere me stesso! Il mondo che viviamo, in realtà, è meraviglioso, fantastico, senza precedenti, e credo proprio che, se riusciamo a superare certi ostacoli, domani lo sarà ancora di più! Stiamo seguendo una direzione evolutiva, lenta ma inesorabile. Perché tornare indietro? Anch'essa presente nei miti, esiste un'altra Età dell'Oro: quella che ci attende, quella che sapremo costruire con saggezza e responsabilità a cominciare da ora per andare verso il futuro...

mercoledì 10 novembre 2010

I tre veleni


Osservando quanto avviene in questi giorni in Italia e nel mondo nell'ambito della politica, della società, nella cronaca, nel costume, mi sovviene un calzante concetto della tradizione buddista, quello dei tre veleni. Nella nostra mente esistono dei fattori inquinanti che nel buddismo vengono paragonati a sostanze venefiche che uccidono la pace, distruggono la serenità di spirito e la chiara visione delle cose, ottundono la sensibilità e ottenebrano la comprensione trascinando verso la sofferenza, il conflitto e via dicendo... Essi sono identificati come avidità, stupidità e collera.
L'avidità è l'insoddisfazione profonda che spinge a cercare continuamente di riempire il vuoto interiore con esperienze, oggetti, acquisizioni di vario tipo che, però, non bastano, non sono sufficienti a dare un vero appagamento. E' un pò il background consumistico che sostiene la nostra società, quello su cui fonda la nostra economia e su cui fa leva la pubblicità. Se non ci fossero bisogni, desideri... bisognerebbe inventarli, ed è infatti proprio questo il mestiere del pubblicitario, del venditore di professione. Anche il politico fa leva sull'insoddisfazione, che spesso è fondata su reali necessità e giuste motivazioni, prospettando facili soluzioni o scenari allettanti. D'altra parte se l'avidità può essere un veleno, in giuste dosi è il motore di qualsiasi ricerca, movimento e vitalità. Senza desiderio non ci sarebbe prospettiva, direzione, sforzo, non ci si metterebbe mai in discussione. Nelle giuste dosi ogni veleno può essere medicina, e viceversa! A livello sociale, sempre secondo il buddismo, il veleno dell'avidità produce la crisi economica.
La stupidità è la caratteristica di una mente chiusa, ignorante di qualsiasi cosa che non sia l'impulso del momento. L'istinto, anch'esso così importante nella nostra vita, anch'esso fondamentale per il suo sostegno, può essere un potente fattore negativo quando ottenebra la ragione e la sensibilità. Qualsiasi azione compiuta senza prevedere o preoccuparsi delle conseguenze, ma obbedendo soltanto ad una cieca impulsività, è sostanzialmente stupida. Quando ci si comporta come bestie (facendo salvi gli animali, che hanno una loro integrità e dignità), quando ci si fa trascinare dal branco, allora si è intossicati da una stupida ignoranza. Socialmente il buddismo identifica nelle epidemie le conseguenze della stupidità. Il contagio collettivo può riguardare vere e proprie malattie e piaghe sociali, come anche la trasmissione di virus psichici, di gruppo, quelli che coinvolgono le folle.
La collera non è soltanto la rabbia in senso stretto - che dal punto di vista positivo è determinazione, lotta contro l'ingiustizia - ma implica la svalutazione dell'altro da sé, la sopraffazione, il voler essere superiori e vincenti con qualsiasi mezzo. Questa sorta di egoismo fonda sull'insicurezza, sul bisogno di eliminare o sconfiggere gli altri per sentirsi forti, potenti, importanti. E' un veleno ben riconoscibile ovunque prevalga l'ambizione, l'avversione, la differenziazione violenta, la mancanza di considerazione. E' spesso riscontrabile nei posti di lavoro e dove impera il cosiddetto principio del mors tua vita mea, per esempio in politica. Il buddismo riconosce nel veleno della collera la radice di ciò che è conflittualità e che in senso sociale e collettivo genera la guerra.
Il buddismo prospetta anche degli antidoti, consistenti essenzialmente nella coltivazione degli aspetti positivi insiti comunque negli stati mentali descritti, nella consapevolezza di essi e, soprattutto, nella ricerca dell'illuminazione - cioè di una vera felicità non condizionata da fattori esterni. Questo, però, è un discorso ulteriore rispetto al riconoscimento dei tre veleni in noi stessi e nel nostro ambiente, e varrebbe la pena di approfondirlo...

venerdì 29 ottobre 2010

Halloween e le celebrazioni tradizionali.



Eccoci di nuovo giunti in prossimità della festività di Ognissanti, ormai nota anche in Italia come Halloween. E' una festività che unisce in sé la celebrazione di tutti-i-santi (all-of-them, oppure all-hallows-even = halloween) con quella dei defunti e quindi, in un certo qual modo, rappresenta l'incontro dei vivi con i morti. E' anche la morte della bella stagione: si va incontro al buio, al freddo, ai mesi "tenebrosi", alla notte del ciclo annuale e agricolo. Per questo motivo l'immaginario antico e tradizionale, ma anche quello moderno, ha elaborato questo incontro con l'oscurità e con l'aldilà sia attraverso rituali religiosi, che mediante cerimonie popolari, carnevalesche, con travestimenti gotici e grotteschi per rappresentare spiriti, folletti, mostri, zombi e via dicendo. La cosa interessante è che, quasi a nostra insaputa, noi esseri umani continuiamo a celebrare la nostra profonda unione con la natura, con i suoi cicli e le sue trasformazioni. E' sorprendente che, sia pure nella nostra maniera globalizzata e mercantilizzata, noi uomini "moderni" conserviamo traccia di un'antica saggezza, di un'attenta osservazione della natura che ormai quasi non ci appartiene più. Quindi ripercorriamo ancora, forse per mera abitudine, le antichissime festività autunnali, come l'attuale, e poi quelle del solstizio d'inverno (il Natale e il Capodanno), quelle che celebrano il ritorno delle nuove luci, delle nuove forze primaverili (il Carnevale), quelle dell'inizio della bella stagione e della vittoria sul freddo e l'oscurità (la Pasqua) e via dicendo. Sono tutte feste rielaborate, riadattate a seconda delle religioni dominanti o dell'attuale a-religiosità consumistico-edonistica, però continuano ad esistere, continuano a far sentire - magari inconsciamente - la loro presenza, il loro significato. Quale significato? Al di là dei singoli momenti del ciclo naturale e annuale, al di là del senso delle singole fasi stagionali, quello che si ritualizza è il profondo legame esistente fra macrocosmo e microcosmo, fra universo e uomo. Le antiche culture riproducevano nel rito il processo della natura per innescare dentro se stesse la medesima trasformazione, la medesima morte e rinascita, per chiarire a sé stesse il proprio percorso interiore, ciclico ed evolutivo, che è anche e soprattutto un percorso individuale oltre che collettivo e cosmico. Siamo oggi ancora all'altezza delle profonde intuizioni della Tradizione, di una cultura superiore che affonda nella notte dei tempi e che, probabilmente, travalica anche le nostre attuali conoscenze storiche? Forse sì, perché gradualmente, pian pianino, le stiamo finalmente riscoprendo in noi stessi.