giovedì 9 marzo 2006

Pubblicità.


In sé il concetto non conterrebbe nulla di spiacevole: pubblicità come rendere pubblico, anche pubblicare. Si tratterebbe dunque di condivisione, di uscire dall'ambito privato e individuale per entrare in quello collettivo e sociale. Tuttavia, almeno per me, la pubblicità ha dei retrogusti non troppo gradevoli, e sa più di scocciatura, sopraffazione, perfino - sempre di più - un sentore di truffa, di furto, se non altro di tempo e attenzione. Eppure le nostre moderne società non possono più farne a meno: la pubblicità è il fondamento del mercato, dell'economia, degli scambi. Ti segue ovunque, attraverso tutti i possibili mezzi di comunicazione di massa. Si, in effetti la nostra è la civiltà della comunicazione globale e, dunque, non bisognerebbe scandalizzarsi troppo di fronte all'invasione pubblicitaria: è semplicemente un'altro aspetto di quello che, per certi versi, è legame, contatto, condivisione, perfino libertà. Una società che impara ad essere unita rispettando le differenze, cioè unitaria e molteplice allo stesso tempo, è qualcosa di ideale, di grande, di vero. Eppure non riesco ad essere tranquillo riguardo alla pubblicità, in breve non mi piace affatto. Riflettendo, mi sembra che - sebbene in sé il concetto possa avere gli illustrati valori positivi - la sua forma odierna è soprattutto inganno, apparenza. Intendo dire che ciò che viene reso pubblico ha lo scopo principale di direzionare le scelte più che informare, di creare illusione più che verità. Ecco dove sta il punto! Se dovessi cercare una interpretazione psicologica o analitica di ciò, direi che le nostre società non sono ancora mature per una reale e matura condivisione, limitandosi soltanto a comportamenti esibizionistici che prendono il posto della reale comunicazione. Se dovessi dare una collocazione, se dovessimo fare un paragone con le età evolutive dell'uomo, potremmo dire che la nostra attuale cultura 'pubblicitaria' è analoga ad una fase dell'adolescenza o della pre-adolescenza, quando le tendenze all'esibizione di sé, del proprio corpo e via dicendo, sono soltanto il preludio alle normali relazioni con gli altri. Una fase, insomma, di tipo narcisistico che verrà seguita dal riconoscimento dell'altro come individuo e come oggetto/soggetto di reciproco scambio e crescita. Speriamo bene...

3 commenti:

  1. Ciao Maurizio, il discorso mi fila dritto fino alla fine ma cosa intendi per "speriamo bene"? L'argomento si presta a molteplici visoni, io stesso l'ho tratto qualche settimana fa. A presto
    postato da Bob il 09/03/2006 18:42

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  2. Ciao Bob! "Speriamo bene" nel senso che la mia interpretazione ipotizza una evoluzione che vada verso il riconoscimento della propria e dell'altrui individualità. Trattandosi di un'evoluzione 'collettiva', sociale, spero che non ci siano troppi ostacoli o ritardi, perché non mancano anche i segnali negativi e di regressione. Riflettendoci, comunque, sono davvero portato a sperare, perché credo che l'evoluzione della coscienza e della consapevolezza siano effettivamene in atto nelle profondità della mente e della natura. Il tuo Blog mi sembra molto interessante: lo aggiungerò ai miei link di "vicini-di-blog". Grazie!
    postato da Maurizio il 10/03/2006 09:42

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  3. Il problema della odierna "comunicazione pubblicitaria" è che è strettamente legata alla "macchina capitalistica"... Si pubblicizza usando forme comunicative tendenti quasi a plagiare più che ad informare: dietro c'è lo scopo principale, però. L'acquisto. La pubblicità, un tempo, era l'oggetto che l'individuo aveva l'interesse di conoscere... Ora s'è fatta strumento di conoscenza. Strumento di conoscenza che permette di "avvicinare" il soggetto all'oggetto di fatto: il prodotto. Questo "avvicinamento" è così netto che spesso il meccanismo pubblicitario tende ad unificare l'individuo(il soggetto) con il prodotto (l'oggetto). Questa unione è favorita da un'alienazione della conoscenza da parte del soggetto che si fa, in tal luogo, s-oggetto passivo della comunicazione, vittima della razionalità e impossibilitato ad utilizzare le capacità di discernimento sue proprie. Questo, forse, è ciò che ci meritiamo?.....
    postato da Giuppe il 16/03/2006 21:51

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