giovedì 26 gennaio 2006

Sessualità e riproduzione.


Qualche riflessione sulla sessualità e sull'omosessualità, riallacciandomi in qualche modo al mio post precedente. Innanzitutto vorrei far notare che la capacità generativa dell'uomo e della donna, cioè la loro forza riproduttiva, è stata frequentemente il criterio principale nelle culture tradizionali con il quale la sessualità era valutata. Cioè: la sopravvivenza di una famiglia, di un gruppo e di una società era spesso oggettivamente legata alla discendenza, alla generazione dei figli, quindi il sesso significava sostanzialmente continuità. Il famoso 'crescete e moltiplicatevi' della Bibbia è strettamente connesso con i destini delle tribù nomadi che dovevano affrontare mille ostacoli alla loro sopravvivenza. Il loro Dio, dunque, fu concepito come il capo esclusivo della tribù stessa, come una sorta di 'antenato' maschio, il patriarca dei patriarchi, un protettore mitico e simbolico che assicurava la continuità della specie e prometteva un futuro in cui il territorio - la terra - sarebbe stato esclusivo possesso di una discendenza tanto numerosa da essere invincibile e insopprimibile. I nomadi, insomma, sognavano di diventare stanziali, di avere un luogo in cui fermarsi. Per arrivare a quell'obiettivo lontano, che sembrava irraggiungibile nelle condizioni in cui erano, per realizzare quel grande sogno, avevano bisogno di identificarsi in un'unica stirpe e di sperare in una unica discendenza sotto la protezione e la guida di un unico Dio. Ecco, allora, che la riproduzione veniva ad assumere carattere etico, morale e anche religioso, venendo a rappresentare l'unica speranza di prosecuzione e di esaudimento delle profezie del Dio. In una tale visione è chiaro che l'omosessualità non può che essere considerata una devianza proprio perché, non avendo come scopo la generazione di discendenti, contravviene agli obiettivi sociali e di razza. Alcune frange della cultura islamica ancora attualmente condannano a morte gli omosessuali - considerandoli in pratica dei criminali! Anche la etero-sessualità quale oggi comincia ad essere intesa soprattutto nella moderna società occidentale - cioè come fine a sé stessa e senza l'obiettivo della riproduzione - è una anomalia rispetto alle suddette esigenze. Tuttavia anche in culture antiche ed alcune epoche storiche si sono avute concezioni diverse, dove perfino l'omosessualità non era considerata anormale, generalmente in popolazioni che non avevano l'obiettivo immediato della sopravvivenza. Penso alla Grecia classica, quella dell'età di Pericle per esempio, dove un certo benessere sociale permetteva pure l'ozio filosofico, cioè concedeva il tempo di dialogare e di soffermarsi su questioni non legate all'immediato, oltre che di produrre un livello di sviluppo artistico che anch'esso prescindeva dalle esigenze quotidiane e oggettive. C'è da notare che dove c'è spazio per lo sviluppo culturale, filosofico e artistico, fiorisce anche l'idea dell'individuo come entità indipendente dal gruppo sociale, che ne fa parte ma possiede anche esigenze proprie di riflessione e di evoluzione. La gestione della propria sessualità in maniera autonoma, sia essa etero che omo, è accettabile soltanto là dove non è soggetta a restrizioni sociali, dove non deve perseguire scopi comunitari e di razza. Si potrebbe addirittura ipotizzare che il razzismo sia inconsciamente legato ad una concezione autoreferente ed autocelebrativa in senso tribale, mentre una sessualità libera, nel rispetto degli individui e della loro autonomia, sia un supporto coscienziale indispensabile per nuove visioni anche religiose che prescindono dalle appartenenze e dalle sopravvivenze tribali o nazionalistiche.

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